ESSERE CLOWN NON E' UNA TECNICA.

E’ PIUTTOSTO UNA CONDIZIONE DELLO SPIRITO....

E’ GUARDARE IL MONDO DA ESSERI UMANI

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L'ALLEGRIA È UNA BUONA TERAPIA, RIDERE AIUTA A SENTIRSI MEGLIO E A GUARIRE PRIMA

La Comicoterapia, Clownterapia o Gelotologia (dal greco ghelos, risata) disciplina di supporto al percorso di guarigione e metodo di integrazione alla medicina tradizionale, si basa sulla considerazione che il miglioramento dello stato d’animo del soggetto assistito, attraverso complessi meccanismi neuro-endocrini, si riversa positivamente sul suo equilibrio immunitario e le sue abilità relazionali. In una parola sulla sua salute psico-fisica

Per questo portare la risata e le emozioni positive nei contesti sociosanitari, attraverso la figura del Clown Dottore, favorisce il processo di umanizzazione dei luoghi di cura e aiuta ad accendere la scintilla vitale: in senso terapeutico si forniscono alla persona in difficoltà gli strumenti per attivare le proprie risorse! In senso Sociale il Clown Dottore diviene “creatore di comunità” contribuendo a destrutturare assetti sociali di esclusione.

La Gelotologia, prendendo le mosse dai più recenti studi di PsicoNeuroEndocrinoImmunologia (PNEI), studia e applica le potenzialità del ridere e delle emozioni positive in funzione di terapia, prevenzione, riabilitazione e formazione.

IL CLOWN DOTTORE: CHI È?

Il Clown Dottore e il Volontario del Sorriso dell’associazione Ci Ridiamo Su sono operatori socio-sanitari-culturali professionali che operano attraverso le arti della clownerie (gioco comico o poetico, umorismo, prestidigitazione, burattini, musica, teatralità) e attraverso la “metafora terapeutica”, al fine di mutare segno alle emozioni negative delle persone con disagio di tipo sanitario e/o sociale ed avviare/supportare un processo di guarigione.

La denominazione Clown Dottore, che pone insieme il concetto di Cura–Dottore e Gioco–Clown, lo differenzia dal normale clown.

È una figura basata su un percorso formativo che prevede lo sviluppo di 2 aree di competenza: ARTISTICA e PSICO–SOCIO–PEDAGOGICO-SANITARIA

Chi svolge questa attività, dopo una formazione seria e qualificata, si sottopone a processi di formazione periodica e di supervisione costante.

FORMAZIONE

La formazione è specifica per interagire in un ambiente difficile e complesso, poiché diversamente formato l’operatore potrebbe non essere in grado di leggere i segnali emergenti nella situazione specifica in cui si trova ad operare, con il rischio di superdosare ( o sottodosare) il proprio intervento e di non finalizzarlo specificamente al contesto.

CONTESTI

L’Associazione CI RIDIAM0 SU svolge la maggior parte della propria opera nelle situazioni di disagio, anche grave, proprio là dove sofferenza, dolore e paura trovano maggiore espressione, immettendo le emozioni positive (di cui il ridere è una delle più potenti, in particolare se coniugato con l’amore ed il senso della comunità) nei processi di terapia e riabilitazione al fine di migliorare la qualità della vita delle persone e della comunità.

- Nell’ambito, ad esempio, di un ospedale o una casa per anziani, l’approccio gelotologico incide anche e profondamente sulle aspettative, sulle motivazioni e sui vissuti dei degenti/utenti e del personale ed è così in grado di migliorare l’efficienza complessiva della struttura ed umanizzare la comunità.

- Per persone diversabili ma anche comunità con bambini e/o adulti con disagio sociale e/o malattia psicofisica, l’approccio possiede caratteristiche di reinserimento sociale, rimozione dello svantaggio sociale, prevenzione, e vuol essere finalizzato al mantenimento delle capacità cognitivo/comportamentali e neuromotorie dei partecipanti, fornendo un’esperienza positiva e gratificante sia per i livelli di autostima, sia, di conseguenza, per il miglioramento delle suddette capacità.

- Nelle attività nelle scuole i progetti riguardano la prevenzione primaria, l'educazione alla salute, la rimozione del disagio scolastico, le classi cosiddette difficili.

- In missioni Umanitarie, sperimentando una nuova modalità di relazionarsi, non fondata solo sul dare, ma sullo scambio e sull’interazione

CI RIDIAMO SU

- È membro della Federazione Internazionale !Ridere per Vivere! (www.riderepervivere.it) e dell'Istituto di Ricerca, Documentazione e Formazione su Gelotologia e Nuove Scienze "Homo Ridens" (www.homoridens.net), punti di riferimento nazionali sull’importanza del ridere e delle sue applicazioni teoriche e pratiche;

- aderisce alla Scuola Europea di Alta Formazione per Clown Dottori e Gelotologi “Norman Cousins” con sede ad Orvieto alla Terra del Sorriso (www.homoridens.net/terra-del-sorriso). La Scuola rappresenta la punta di eccellenza della formazione in Gelotologia secondo uno dei metodi formativi più accreditati del panorama italiano ed europeo.

La sua formazione è riconosciuta dal MIUR.

COME AIUTARCI ?

COME AIUTARCI ?
Con la legge Finanziaria (Legge 27 dicembre 2006 n. 296), anche questo anno puoi destinare il tuo 5X1000 a !CI RIDIAMO SU'!, aiutando i Clown Dottori e i Volontari del Sorriso a portare la gioia e il conforto nelle situazioni di disagio. Aiutarci è semplicissimo ! Su tutti i modelli per la dichiarazione dei redditi (Modello Unico, 730, CUD ecc.) compare un riquadro appositamente creato per la destinazione del 5X1000. Nel riquadro sono presentate tre aree di destinazione del 5 per mille. Scegli quella dedicata al "Sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale" (la prima in alto a sinistra). È sufficiente la tua firma e il numero del nostro C.F. 92030120882 Il 5X1000 non è un onere aggiuntivo per il contribuente, si tratta di una frazione di imposte che lo Stato ha deciso di conferire agli Enti del Terzo Settore per svolgere le loro attività di utilità sociale. Per informazioni potete contattarci scrivendo a ciridiamosu@gmail.com . Stampa e conserva questa pagina insieme ai documenti per la dichiarazione dei redditi e, se puoi, diffondi il nostro appello tra i tuoi amici e colleghi. GRAZIE DI CUORE !

BOMBONIERE SOLIDALI

BOMBONIERE SOLIDALI

In occasione di Battesimi, Comunioni, Cresime, Lauree, Matrimoni, Nozze d'Argento, Nozze d'Oro, Pensione, Regali e ogni altra ricorrenza festeggia con una Bomboniera o un Regalo Solidale dei Clown Dottori dI CI RIDIAMO SU'.

Sono tante le occasioni da festeggiare con parenti e amici che possono trasformarsi in importanti gesti di altruismo. Puoi far sì che i momenti di gioia della tua vita diventino un atto di solidarietà e allo stesso tempo un ricordo di un gesto d'amore. Il tuo aiuto contribuirà a diffondere la gioia, attraverso i progetti rivolti a chi si trova in difficoltà.

Con i nostri doni, i tuoi parenti e amici riceveranno la testimonianza di un tuo importante gesto di solidarietà.
Scopri i modelli di Bomboniera e Pergamena Solidale disponibili, scegliendo a seconda dell'evento che vorrai festeggiare.
Sono semplici, belli e ci sostengono!

Info 329 4219904 ciridiamosu@gmail.com

sabato 4 luglio 2009

Dal diario della Dottoressa Petronilla



È stato più difficile di quanto pensassi riuscire a prendere in mano questa penna e il diario per scrivere dei miei giorni in Abruzzo, a l’Aquila, tra le sue città e frazioni. Dovevo mettere in fila i pensieri, definire le emozioni e guardarle da fuori.
Sono stati giorni intensi, pieni, saturi di sensazioni, di momenti, di persone e incontri. Il tempo procedeva con la sua consueta cadenza ma per me era raddoppiato, triplicato e forse molto di più. Sono tornata a casa e credevo fosse passato un mese.
Sono stati giorni colmi di momenti, momenti spensierati come le due serate di festa a Pianola e Coppito.
Nel Campo di Pianola siamo stati letteralmente buttati in questa festa organizzata da uno strano personaggio, Filippo (strano sì, ma senza di lui quella festa non sarebbe stata possibile!), che è riuscito a mettere insieme Clown Dottori, scout, volontari e personaggi folkloristici del paese. Devo ammettere che la serata ha raggiunto momenti di un trash da far invidia al Bagaglino, ma è indescrivibile l’aria che si respirava al termine della serata. Le persone del campo finalmente avevano trovato un momento per condividere, senza parlarsi direttamente, un momento di forte unione e vicinanza. Avevano bisogno di tenersi per mano, di sentire il calore delle persone per sentirsi meno soli. E così è stato.
Il giorno dopo al campo si parlava della serata, alcuni col sorriso sulle labbra, altri un po’ contrariati. Antonietta, che andiamo a trovare in tenda tutti i giorni (è un po’ brontolona ma basta poco per farle uscire un sorrisetto che spesso ci vuole nascondere!), ci accoglie dicendo che serate come quella non si devono fare, sono solo momenti futili, non si può far festa quando si è tutti disperati. Poi parlando un po’ seduti con lei sul letto abbiamo scoperto che conosceva con esattezza tutti i momenti della festa. Non so come facesse a saperlo, non ho voluto infierire, forse se ne stava nascosta in fondo al tendone, o forse, come preferisco immaginarla, con l’orecchio teso fuori dalla tenda fantasticando su quello che stava accadendo dentro. Momenti come questi servono anche per chi decide di non parteciparvi, perché i benefici si sentono nell’aria, si sentono in tutto il campo, negli sguardi complici tra le persone,nei gesti affettuosi. Devo dire che noi siamo stati anche aiutati dal sole del giorno dopo...
Al Campo di Coppito la festa è stata domenica sera, l’ultima del nostro turno. Il campo è stato invaso da un altro Campo, quello di Palobaia di Sassa. Sono arrivati tutti gli abitanti del campo ad accompagnare il gruppo di Organettisti del paese, grandi e piccini, giovani e meno giovani, tutti a suonare canzoni popolari abruzzesi dentro la Tenda “comune” di Coppito. E pensare che era la prima volta che si esibivano insieme in pubblico! È stato magico veder ballare i vecchietti del campo, che per l’occasione erano rimasti invece che ritirarsi presto nelle tende come solitamente accade, vedere i clown dottori improvvisarsi ballerini coi bimbetti e scatenarsi in danze ridicole prendendo chissà dove le energie che a quell’ora si pensava fossero già esaurite. Ma le energie e la forza si prendono proprio da questi momenti.
Ma ci sono stati anche momenti meno allegri come il 25 aprile, a Coppito tutti gli abitanti sono stati davanti alla propria porta di casa ad aspettare il verdetto degli ingegneri che avrebbero detto loro se la casa sarebbe stata agibile o no. In molti, tanti, forse tutti, già sapevano in cuor loro la risposta ma hanno aspettato, dal mattino alla sera, senza mangiare, senza allontanarsi per paura di perdere il turno. E la sera del 25 aprile a Coppito c’era un gran silenzio. Un silenzio fatto di sguardi durante la cena, di scambi di quelle poche parole di conforto necessarie, ma anche di occhi bassi e di rabbia.
Oppure respirare l’aria pesante e tagliente del campo dopo che si sono scoperti i primi furti nel magazzino degli alimenti, avere un po’ paura ad andare al bagno di notte perché giravano delle specie di ronde con tanto di bastoni e roncole.
Ripensandoci una delle prove più difficili, e al tempo stesso più intense, è stata quella di vivere dentro al Campo, di condividere ogni momento della giornata, i pasti, le docce, il risveglio. Perché anche se non ero più la Dottoressa Petronilla, anche se ero senza trucco e abiti, ero sempre e comunque il clown dottore, e il lavoro non finiva mai.
Il ruolo del Clown Dottore all’interno di una missione, nello specifico questa in Abruzzo, è proprio questo: nei campi che visitavamo i volontari, dalla Protezione Civile, agli Scout, agli psicologi si rivolgevano a noi per avere consigli, per risolvere problemi che spesso erano più grandi di noi.
Il clown diventa il centro di un ingranaggio, un centro intorno al quale ruotano bisogni, necessità e organizzazioni. Perché il Clown, che entra nelle tende, che parla direttamente con le persone, che diventa confidente e valvola di sfogo diventa fondamentale, tramite il suo lavoro, tramite la sua mediazione mette in contatto gli abitanti (forzati) del campo con chi il campo lo gestisce e lo coordina. In questo modo crea una comunità.
Proprio in questo senso credo nel clown sociale creatore di comunità. Il Clown nella situazione del campo fa uscire le persone, che troppo spesso provano imbarazzo e vergogna nel chiedere aiuto, nel farsi vedere deboli, il clown permette loro di incontrarsi, di condividere il dolore e, in questo modo, di alleggerire il peso che si portano sulle spalle.
Questi sei giorni hanno avuto un denominatore comune: le persone.
Persone che un terremoto ha portato forzatamente in un campo,dentro una tenda spesso troppo piccola per otto persone, in una realtà precaria, scomoda e soprattutto non familiare. Persone incontrate, conosciute con le quali si è riso scherzato, pianto e abbracciato.
Rosa che sapendo del bottone del camice del Dottor Bif ha ribaltato la tenda per trovarne uno e glielo ha riattaccato e con quella scusa gli ha rammendato mezzo camice, e poi voleva che le portassimo tutto quello che avevamo di bucato.
Sara, una ragazza di neanche vent’anni, che la notte del terremoto, al buio, con il terrore dentro, la prima e l’unica cosa che ha preso è stato il calendario fatto per lei dal fidanzato, un calendario tutto pieno di cuori, di foto da innamorati e frasi d’amore. Ed è stato un modo buffo per scherzare sulle sue priorità (diciamo che un calendario proprio non è fondamentale, ma quello era un calendario d’Amore!) e farle raccontare di quella notte.
Luciana vive in una tenda con quattro simpatici vecchietti, tutti parenti e tutti da accudire. Quando passiamo da lei è sempre indaffarata e piena di cose da fare, ma appena ci vede non disdegna mi un abbraccio. Le serve quello, poco altro, due parole al massimo. In attesa dell’abbraccio successivo.
Romolo, un simpatico nonnetto, amante del vino e delle donne (si era preso in simpatia la cara Prillo, erano entrati in sintonia in fatto di vino, infatti c’è voluto poco a farle cambiare nome da Prillo e Brillo e per gli amici ‘Briachella!). Con lui facevamo sempre un sacco di belle chiacchiere, lui avrebbe da spiegare e insegnare tanto a tutti noi.
Andrea (che mi ha rapito il cuore!), un ragazzo di sedici anni con un forte ritardo, che ama ballare e ama la musica di Radio Ciao, ma ancora non è riuscito a procurarsi una radio e soprattutto io sono andata via senza riuscire a ballare con lui (principalmente a causa di una sua grande sfiducia nelle doti musicali degli scout, sfiducia fondatissima mi sa!!)
Sarebbero tanti ancora i nomi che dovrei scrivere e di cui dovrei raccontare, spiegare come non si riusciva ad arrivare a pranzo con lo stomaco vuoto perché facendo il giro tende tutti ti offrivano da mangiare e da bere. Io ho pure rimediato il corredo di nozze fatto a mano e gli orli degli asciugamani fatti con l’uncinetto!
È stato difficile lasciare tutte queste persone, pezzettini di cuore, ma mi sono resa conto che i cinque giorni del turno sono funzionali anche a questo, rimanere di più sarebbe stato rischioso per noi come persone e non come Clown, la Dottoressa Petronilla sarebbe rimasta là ancora!
Nei Campi quello che più manca alle persone è il Fare, il sentirsi utili per gli altri, il tenersi occupati, e invece i volontari pensano a tutto, dal mattino alla sera la macchina del campo si muove perfettamente e chi abita il campo aspetta il tempo che scorra. È logorante.
Non si potrebbe pensare che a gestire il campo fosse chi realmente lo abita ormai da un mese?
Un volontario scout un giorno mi ha chiesto come poteva fare a lasciare le persone che aveva conosciuto del campo senza far sentire la sua mancanza, senza farle sentire abbandonate. Perché la sensazione che si ha ogni volta che c’è il cambio turno dei volontari è proprio di abbandono.
Quello che facciamo noi clown credo sia esemplare, il fatto di fare un passaggio di consegne reale, presentando alle persone i clown che incontreranno nei giorni successivi e fondamentale, le persone non si sentono abbandonate perché sanno che l’indomani un clown dottore ci sarà ugualmente, anche se diverso.
Dopo un mese di vita nei campi la realtà è cambiata, credo che anche noi dovremo pensare alla nostra missione, pensare a come la nostra modalità di intervento possa modificarsi per adeguarsi ai cambiamenti avvenuti.

da Ridere per Vivere Emilia Romagna
Eleonora-Dottoressa Petronilla

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Siamo in continua ricerca...

Il lavoro sul clown pone la persona davanti a se stessa e agli altri, porta a riflettere sul proprio modo di essere, sulle proprie potenzialità espressive stimolando a liberarsi dalle paure.
Essere clown è riscoprire spazi e tempi al di là di categorie razionali; è giocare con la realtà per reinventarla. La scoperta del clown non è nient'altro che la scoperta del gioco come espressione di noi stessi.
Il clown è un attore che è regista di se stesso. Che è talvolta anche drammaturgo. Un clown dunque non è mai nel punto dove si trova. Sta attorno a se stesso. Si dirige. Pensa come un ballerino. Danza. Si danza. Come a un attore che danza. Che pensa in forma di coreografia.
Qualche volta non pensa. Meglio: danza i suoi pensieri.
Al di là del naso rosso tradizionale si può cercare di intravedere il valore iniziatico che il clown incarna.
Il clown è venuto dal teatro al circo, dal circo al teatro, dal teatro all'ospedale...non esistono ricette per diventare clown, come in America, dove sono in commercio album con i costumi, le gag e il trucco e tu scegli dal catalogo il tuo clown.
Tu devi cercare in te il tuo clown, il tuo lato umoristico. E l'humor è come il tergicristallo della macchina. Non ferma la pioggia ma ci aiuta ad avanzare meglio. Il comico è un'energia misteriosa.
È della persona che si ride. I grandi clown da Toto' a Buster Keaton irradiavano la scena con una presenza in grado di fare ridere facendo "niente".
La grande Anna Magnani si lamentava che Toto' in palcoscenico con lei, le rubasse la "scena". Allora Toto' è stato fatto sedere da una parte e al buio e il pubblico ha riso ancora di più.
Fare ridere vuol dire avere un contatto. Noi ridiamo della tragedia dell'uomo. Si racconta, ma forse è leggenda, che il primo clown sia stato un ubriaco entrato per caso sulla pista del circo durante lo spettacolo e inciampando ha fatto ridere il pubblico. Da qui il naso rosso, che ci vuole ricordare i nasi degli ubriachi e i vestiti stracciati dei clochard. Un incidente, un'attitudine bizzarra, un abito inconsueto, una situazione anormale hanno fatto nascere l'Augusto. I clown nel circo facevano il loro pezzo tra un numero e un altro.
La prospettiva del numero del clown è il fallimento.
C'è l'idea che l'uomo non può sbagliare. Se sbaglia viene cacciato dal Paradiso Terrestre. Allora tutto deve essere perfetto. Tutto deve funzionare. Il pubblico si identifica nel fallimento e pensa: "a me questo non capiterà mai, guarda il clown quanto è stupido".
Il clown è lì e non per fare ridere, è lì seriamente. Perchè ha un estremo bisogno di lavorare e ha bisogno del pubblico.
Il clown ha dei dubbi. Lui non capisce ma vuole capire.
Non si può recitare il clown, si è. È un lavoro attoriale che cerca un sentimento profondo e indaga uno degli aspetti importanti della recitazione: essere veri. Quando noi piangiamo, non vorremmo piangere, il nostro volto resiste, ma accade, è vero. Le disgrazie al clown accadono davvero, e qui è la grande arte del clown e del teatro: una finzione che sembra vera, tanto vera è quella finzione.
La stupidità non si può recitare con intelligenza. Il clown non è un pagliaccio, ha una base tragica. La stupidità è il motore della invenzione. Il clown inventa perchè vuole risolvere la "catastrofe". E come nello "slow burn" (bruciare lentamente: tecnica di Stanlio e Ollio) attaccare un quadro alla parete si trasforma nella distruzione di un paese. A tutti noi sarà capitato un incidente, un'avventura inaspettata e improvvisa, una sorpresa, dove noi abbiamo reagito spontaneamente e in modo diretto, non psicologico, siamo rimasti "stupiti".
La tecnica della "candid camera" ci illustra facce vere, stupite, persone che vivono intensamente il sentimento dello stupore. Gli attori (loro malgrado) sono indifesi, increduli, immobili. Sono veri.
Lo stupore di fronte alla vita e alle cose è il sentimento principale del clown. Stupido deriva da stupito, sbalordito.
Il clown è stupefatto dalla vita, dalle cose e non capisce ma vuole capire.
Il motore del clown è la fame e la solitudine. Lui cerca contatti, inventa. Ogni giorno è nuovo. Ogni momento è nuovo. Lui non conosce i sentimenti. Sperimenta. Cerca. Vive la situazione in modo semplice, diretto, mai psicologico.
Il clown ha dei dubbi. Non è sicuro. Non è certo del presente. Quando parla è concreto, chiaro e semplice. Non fa filosofia, nè poesia. Non è però un gioco per bambini. Non è carnevale. È una tragedia. La tragedia della vita.
Il clown lotta per l'amore, per la pace, per l'amicizia. Il clown è un ponte, vorrebbe unire , vorrebbe che tutte le cose andassero bene e usa tutte le energie per capire. Non si può fare il clown a metà.
È questione di vita o di morte. Se non trova un contatto muore. E questo apre un altro aspetto importante della recitazione: essere al 100% nell'azione, crederci. Non si può nuotare a metà: Si affonda.
Il clown crede completamente in tutto quello che fa. I gesti sono chiari e semplici, perchè il clown ha "urgenza" di comunicare con il pubblico. Il suo essere in teatro è al 100%. Risolvere il fallimento e comprendere il funzionamento del mondo e delle cose porta il clown a sperimentare tante proposte, tante idee: questa è per l'attore la tecnica dell'improvvisazione diretta, mai psicologica, che risponde a delle regole tecniche precise (controtempo, doppia immagine ecc.), mentre per il clown è essere naif (nel senso di semplice e spontaneo).
Il clown è l'antieroe che ha accettato la sua debolezza, di non essere all'altezza della vita moderna. Questa sua debolezza gli dà una grande umanità e un grande spessore teatrale nel lavorare con temi semplici, addirittura quasi giocando. Questo è ciò che interessa l'attore e che investe l'arte della recitazione.
Non c'è mistero nella comicità. Si tratta di conoscere alcune verità semplici sul carattere dell'uomo, e servirsene nel proprio mestiere.
Ad esempio, nel mettere il pubblico di fronte a qualcuno che si trova in una situazione ridicola e imbarazzante. Quando un uomo passeggia nella via, non fa ridere. Messo in una situazione ridicola e imbarazzante, l'essere umano diviene un motivo di riso per i suoi simili. Ogni situazione comica è basata su questo.

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