
E mentre vai ti chiedi: ma a cosa può mai servire un buffone? Ma cosa potrò mai dire a qualcuno che ha perso tutto?
L'ho capito solo dopo... il clown non è uomo, non è donna, non è bello, non è brutto... il clown è un'anima, che incontra altre anime, e le accarezza con lo sguardo, le accarezza con un abbraccio, le accarezza. Il clown davanti al terremoto è un pò meno clown, e un pò più uomo, è un pò "bidone dell'immondizia" dove ognuno può buttare dentro le sue paure, e un pò ventre materno, dove ognuno può sentirsi accolto, amato e sicuro.
Il clown è l’amico fidato di tutti, innocuo e servizievole, veloce e furbo, capace di ottenere là dove gli altri non arrivano. A lui puoi chiedere un reggiseno taglia ottava, perchè a chiederlo al magazziniere ti vergogni un pò. A lui puoi chiedere una cappello di lana, perchè le scorte nel tuo campo sono terminate e tu non ci sei arrivato.
Strade... Che mentre ti portano là, portano là anche altri volontari. E così scopri che l'Italia si è mobilitata, per davvero. Uomini che aiutano altri uomini. Sardegna, Emilia Romagna, Sicilia, Lazio, Campania, Piemonte, Friuli-Venezia- Giulia. Tutti a dormire in tenda, tutti a fare la fila per lavarsi i denti, lavoratori infaticabili per 20 ore al giorno: cuochi, elettricisti, medici. Operatori di ogni sorta, per poter restituire agli "sfollati" quel briciolo di "normalità" che normalità non è mai.
Anime terremotate, sguardi persi nel vuoto.
Una "tendopoli" è un pò come un campo di concentramento (e scusate la metafora estrema): non scegli di andare lì, non scegli il tuo vicino di letto, non puoi gestire il tuo tempo perchè sei risucchiato in un improvviso spazio temporale dilatato. I giorni scorrono e l'unica cosa a differenziarli sono i piatti del menù.
Campi di concentramento. Ma la dignità rimane. Quando non devi svegliarti per andare a lavorare, perchè il tuo lavoro non c'è più, quando non puoi scegliere cosa indossare, quando non puoi pettinare i tuoi capelli come vorresti, allora non sei più corpo, non sei più maschera. Improvvisamente ti accorgi che tuo figlio ha voglia di stare vicino a te, ti accorgi che tua moglie è ancora in grado di amarti, come una volta. Ti accorgi che la vita frenetica che stavi conducendo prima poteva ucciderti, e tu non te n'eri neanche accorto. Ti accorgi che il tuo vicino di casa non è poi così male, e ti concedi una chiacchierata con lui, adesso. Prima del terremoto dovevi sempre correre da qualche parte.
Sguardi... Occhi azzurri come il mare che mi chiedevo: ma come fanno questi abruzzesi ad avere questi occhioni così belli? Sguardi persi nel vuoto che quando si incontrano si illuminano.
Davanti al terremoto, non importa che tu sia re o servo. Davanti al terremoto siamo tutti uguali, nudi, nella nostra infinita piccolezza. Dopo il terremoto si riparte da zero. E le difficoltà non mancano. I bambini alienati dall'infinità di stimoli, i grandi smarriti, a causa dell'inoccupazione, i vecchi arresi, perchè dopo una vita di sacrifici ti trovi a dormire al freddo,e quelle piccole certezze che ti eri sudato, adesso non le hai più. Gente buona, gente umile, gente di montagna, o di campagna. Mani grandi e cuore più grande ancora. E c'è sempre il modo di offrirti un caffè in tenda, solo per ricambiare la gentilezza di essere passati a trovarli.
Stupore, misto a tristezza, con l'aggiunta di speranza. Una settimana da terremotati è come un mese, o due, di vita normale. Tutto è più intenso, amplificato. Tutti sono più buoni, o più arrabbiati. Più affettuosi, o più schivi.
Non possiamo permetterci di dimenticarli. Perchè stavolta è toccato a loro, ma in realtà ha toccato ognuno di noi. Non possiamo tradire la loro fiducia, saremmo dei codardi. Una settimana di vita vera, di emozioni vere, lascia dentro un'immensa pienezza. Mai in molti di quei paesi avrebbero visto girare un milanese con un cappello-pollo in testa, mai avrebbero visto delle scarpe così grandi, o delle valige così insolite. Eppure, nonostante la paura di invadere, di violare la normalità, la domanda giusta da farsi è: come sarebbe se noi non ci fossimo?
Vi abbraccio e vi mando un pò di "quel coraggio".
Gli abruzzesi sono per tutta l'Italia un grande esempio di umiltà e dignità, da cui tutti abbiamo qualcosa da imparare.
Francesca, (Clown senza Fontiere)
cuore clown sempre in palpit-azione
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