ESSERE CLOWN NON E' UNA TECNICA.

E’ PIUTTOSTO UNA CONDIZIONE DELLO SPIRITO....

E’ GUARDARE IL MONDO DA ESSERI UMANI

info@ciridiamosu.it tel. 329 4219904

L'ALLEGRIA È UNA BUONA TERAPIA, RIDERE AIUTA A SENTIRSI MEGLIO E A GUARIRE PRIMA

La Comicoterapia, Clownterapia o Gelotologia (dal greco ghelos, risata) disciplina di supporto al percorso di guarigione e metodo di integrazione alla medicina tradizionale, si basa sulla considerazione che il miglioramento dello stato d’animo del soggetto assistito, attraverso complessi meccanismi neuro-endocrini, si riversa positivamente sul suo equilibrio immunitario e le sue abilità relazionali. In una parola sulla sua salute psico-fisica

Per questo portare la risata e le emozioni positive nei contesti sociosanitari, attraverso la figura del Clown Dottore, favorisce il processo di umanizzazione dei luoghi di cura e aiuta ad accendere la scintilla vitale: in senso terapeutico si forniscono alla persona in difficoltà gli strumenti per attivare le proprie risorse! In senso Sociale il Clown Dottore diviene “creatore di comunità” contribuendo a destrutturare assetti sociali di esclusione.

La Gelotologia, prendendo le mosse dai più recenti studi di PsicoNeuroEndocrinoImmunologia (PNEI), studia e applica le potenzialità del ridere e delle emozioni positive in funzione di terapia, prevenzione, riabilitazione e formazione.

IL CLOWN DOTTORE: CHI È?

Il Clown Dottore e il Volontario del Sorriso dell’associazione Ci Ridiamo Su sono operatori socio-sanitari-culturali professionali che operano attraverso le arti della clownerie (gioco comico o poetico, umorismo, prestidigitazione, burattini, musica, teatralità) e attraverso la “metafora terapeutica”, al fine di mutare segno alle emozioni negative delle persone con disagio di tipo sanitario e/o sociale ed avviare/supportare un processo di guarigione.

La denominazione Clown Dottore, che pone insieme il concetto di Cura–Dottore e Gioco–Clown, lo differenzia dal normale clown.

È una figura basata su un percorso formativo che prevede lo sviluppo di 2 aree di competenza: ARTISTICA e PSICO–SOCIO–PEDAGOGICO-SANITARIA

Chi svolge questa attività, dopo una formazione seria e qualificata, si sottopone a processi di formazione periodica e di supervisione costante.

FORMAZIONE

La formazione è specifica per interagire in un ambiente difficile e complesso, poiché diversamente formato l’operatore potrebbe non essere in grado di leggere i segnali emergenti nella situazione specifica in cui si trova ad operare, con il rischio di superdosare ( o sottodosare) il proprio intervento e di non finalizzarlo specificamente al contesto.

CONTESTI

L’Associazione CI RIDIAM0 SU svolge la maggior parte della propria opera nelle situazioni di disagio, anche grave, proprio là dove sofferenza, dolore e paura trovano maggiore espressione, immettendo le emozioni positive (di cui il ridere è una delle più potenti, in particolare se coniugato con l’amore ed il senso della comunità) nei processi di terapia e riabilitazione al fine di migliorare la qualità della vita delle persone e della comunità.

- Nell’ambito, ad esempio, di un ospedale o una casa per anziani, l’approccio gelotologico incide anche e profondamente sulle aspettative, sulle motivazioni e sui vissuti dei degenti/utenti e del personale ed è così in grado di migliorare l’efficienza complessiva della struttura ed umanizzare la comunità.

- Per persone diversabili ma anche comunità con bambini e/o adulti con disagio sociale e/o malattia psicofisica, l’approccio possiede caratteristiche di reinserimento sociale, rimozione dello svantaggio sociale, prevenzione, e vuol essere finalizzato al mantenimento delle capacità cognitivo/comportamentali e neuromotorie dei partecipanti, fornendo un’esperienza positiva e gratificante sia per i livelli di autostima, sia, di conseguenza, per il miglioramento delle suddette capacità.

- Nelle attività nelle scuole i progetti riguardano la prevenzione primaria, l'educazione alla salute, la rimozione del disagio scolastico, le classi cosiddette difficili.

- In missioni Umanitarie, sperimentando una nuova modalità di relazionarsi, non fondata solo sul dare, ma sullo scambio e sull’interazione

CI RIDIAMO SU

- È membro della Federazione Internazionale !Ridere per Vivere! (www.riderepervivere.it) e dell'Istituto di Ricerca, Documentazione e Formazione su Gelotologia e Nuove Scienze "Homo Ridens" (www.homoridens.net), punti di riferimento nazionali sull’importanza del ridere e delle sue applicazioni teoriche e pratiche;

- aderisce alla Scuola Europea di Alta Formazione per Clown Dottori e Gelotologi “Norman Cousins” con sede ad Orvieto alla Terra del Sorriso (www.homoridens.net/terra-del-sorriso). La Scuola rappresenta la punta di eccellenza della formazione in Gelotologia secondo uno dei metodi formativi più accreditati del panorama italiano ed europeo.

La sua formazione è riconosciuta dal MIUR.

COME AIUTARCI ?

COME AIUTARCI ?
Con la legge Finanziaria (Legge 27 dicembre 2006 n. 296), anche questo anno puoi destinare il tuo 5X1000 a !CI RIDIAMO SU'!, aiutando i Clown Dottori e i Volontari del Sorriso a portare la gioia e il conforto nelle situazioni di disagio. Aiutarci è semplicissimo ! Su tutti i modelli per la dichiarazione dei redditi (Modello Unico, 730, CUD ecc.) compare un riquadro appositamente creato per la destinazione del 5X1000. Nel riquadro sono presentate tre aree di destinazione del 5 per mille. Scegli quella dedicata al "Sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale" (la prima in alto a sinistra). È sufficiente la tua firma e il numero del nostro C.F. 92030120882 Il 5X1000 non è un onere aggiuntivo per il contribuente, si tratta di una frazione di imposte che lo Stato ha deciso di conferire agli Enti del Terzo Settore per svolgere le loro attività di utilità sociale. Per informazioni potete contattarci scrivendo a ciridiamosu@gmail.com . Stampa e conserva questa pagina insieme ai documenti per la dichiarazione dei redditi e, se puoi, diffondi il nostro appello tra i tuoi amici e colleghi. GRAZIE DI CUORE !

BOMBONIERE SOLIDALI

BOMBONIERE SOLIDALI

In occasione di Battesimi, Comunioni, Cresime, Lauree, Matrimoni, Nozze d'Argento, Nozze d'Oro, Pensione, Regali e ogni altra ricorrenza festeggia con una Bomboniera o un Regalo Solidale dei Clown Dottori dI CI RIDIAMO SU'.

Sono tante le occasioni da festeggiare con parenti e amici che possono trasformarsi in importanti gesti di altruismo. Puoi far sì che i momenti di gioia della tua vita diventino un atto di solidarietà e allo stesso tempo un ricordo di un gesto d'amore. Il tuo aiuto contribuirà a diffondere la gioia, attraverso i progetti rivolti a chi si trova in difficoltà.

Con i nostri doni, i tuoi parenti e amici riceveranno la testimonianza di un tuo importante gesto di solidarietà.
Scopri i modelli di Bomboniera e Pergamena Solidale disponibili, scegliendo a seconda dell'evento che vorrai festeggiare.
Sono semplici, belli e ci sostengono!

Info 329 4219904 ciridiamosu@gmail.com

giovedì 4 giugno 2009

Stralci di diario: un calzino in Abruzzo



Andar via da Coppito…………………
quando proprio non vorresti, quando il tuo spirito ha deciso di tardare a raggiungerti...e allora lo lasci là...
tra la splendida coraggiosa gente con la quale hai scambiato la ricchezza dell’anima, la gratitudine;
tra gli alberi, sentinelle di quella collinetta verde del campo di Murata Gigotti dove rivedi giocare e correre i bimbi che ti hanno tenuto per mano in questi giorni;
negli occhi, nei sorrisi, negli abbracci, negli scherzi dei tanti volontari che danno instancabilmente;
che lasci nel clown che viene dopo di te.

Siamo partiti con la leggerezza nel cuore ma il timore di non essere all’altezza, di sbagliare o di fare poco o nulla ...appariva qua e là anche se cercavi di non farlo venir fuori.

E’ stato sorprendente anche per noi quando il clown, l’inadeguato..., è uscito fuori.
Col suo modo di fare, di essere, con la sua “buffosità”, con la sua stupidità potente e stupe-facente, in un quotidiano che non è più lo stesso e al quale tutti siamo legati.
Ora che l’attenzione mediatica si è impietosamente ridotta ci si è ritrovati in questo enorme campeggio blu che sembra appartenere ad un'altra dimensione.
Inutile perdere più di due giorni per cercare le parole che descrivano ciò che appare ai nostri occhi. Ci siam fermati ad una sola: Surreale.

Migliaia di abruzzesi dal giorno del terremoto dormono lontani dalle proprie case, molti non vogliono più tornaci in una casa. Chissà quanta la paura avvertita per far parlare così finanche omaccioni che nulla sembrerebbero dover temere…
Bimbi che sospendono ogni gioco al frusciar del vento e al picchettare della pioggia.

E allora via...presente...con i tuoi giochi inventati improvvisati richiesti mai apparsi inopportuni e accolti con un sorriso. Con i tuoi colori, con il tuo tacere, con la tua spalla, con le tue bolle che catturano anche gli sguardi più diffidenti e li trasformano sciogliendoli in magia, in musica, in emozioni...arrivando fino all’anima.
Un viso dagli occhi bagnati che fa su e giù mentre ci viene incontro e richiede un abbraccio, farà parte del nostro zaino, insieme a 1000 memorie, quando andremo via.

Come quella di Maria, che insieme alla figlia Valentina si aspettano la visita dei clown dottori nel loro giro tende, ci accoglie e continua a dirmi “non voglio parlarne...non voglio proprio parlarne” ma proprio in quel momento comincia a narrare ricordando lo “sciame”, sorpresi nel sonno e con il tuono del terremoto impresso nella mente.
Quel rumore sordo ha inghiottito, distrutto tutto quello che possedevano e li ha costretti in una casa blè, di tela.
E ancora quelle notti da sfollati, nelle macchine, intorno al fuoco a parlare, a consolarsi, a farsi coraggio.
Poi, dopo tutto questo, arriva finalmente il momento della lucidità e con essa il timore di un futuro instabile.
La gente abruzzese tutta, comincia a domandarsi che cosa succederà davvero domani, e domani?
E poi sempre presente la paura. Paura per le scosse che continuano, di giorno e di notte ma che è soprattutto paura di rimanere bloccati nelle tende, perché ogni scossa ti allontana ogni giorno di più, un po’ di più, dalla possibilità di ritornare a casa. Ogni nuova scossa crea nuova paura perché allarga il senso attuale della precarietà. Fa temere che non finirà più.

Dopo due mesi sono ancora negli accampamenti, otto persone per tenda. Spesso non appartengono nemmeno allo stesso nucleo familiare, e ci sono persino famiglie divise.
Una vita durissima.
Tra il freddo della sera e il caldo soffocante del giorno (quando si ringrazia “meno male che oggi non piove), campare sotto quei teli richiede pazienza. Come pazienti, fieri, dignitosi, silenziosi sono le persone d’Abruzzo. Pacati ma non rassegnati perché la vita continua.
Come tutti gli abruzzesi, ringraziano col cuore per la solidarietà di cui sono stati oggetto, per la vicinanza di tutti.

In tutto questo…il clown. A lui ci si affida, ci si confida, si chiede. Diventa la loro voce, la voce di molti...per narrare ciò che si ha dentro, per tirare fuori, per dire ciò che non vorrebbe essere chiesto. Ma a un clown tra scherzo, fiducia e soavità lo si permette.

E ci si sente, si diventa collante tra coloro che forti ma spersi hanno subito e vivono dentro mille timori, privati della loro “normalità” e i tanti angeli che provvedono per loro.
E lo fa smorzando, addolcendo le regole che si rendono necessarie(!?!) ma che avvolte stridono e graffiano chi ha già patito. Lui può permettersi di ammorbidirle un po’, anche solo con l’ascolto, riportando l’ilarità tra le fatiche e gli sforzi di tutti, ridipingendo i rapporti.
Avvolte bastano la conquista di un paio di scarpe, un vestito nero, di caramelle.
Un ponte, un collante, un mastice...tra le istituzioni, le organizzazioni e la gente...ecco cosa intendevano Leo e Lucia. Il mastice lo abbiamo sentito addosso.

Inizialmente solo gioco, leggerezza. Quella spensieratezza che ha permesso di esserci davvero, di scambiare, di reinventare, di ri-creare.
In un’atmosfera onirica dove non comprendi dove finisce il campeggio e inizia il disagio, dove non riesci a descrivere ciò che vedi, dove tutto è scomparso, tutto è stato portato spazzato via.
Dove noi tutti ci rendiamo conto di toccare qualcosa di prezioso, qualcosa che è emerso dalle macerie. Un grande faro che illumina di un’umanità profonda, vera, desiderosa di contatto. Un faro che abbaglia tutti.
Tutti hanno perso le barriere e sono tutti nudi uno di fronte all’atro. Pelle con pelle, dialogando senza parole.
Comprendo adesso perché in tanti vanno, perché altri restano e in molti ritornano. Si respira l’uomo...Ecco perché questo mal d’Abruzzo che portiamo dentro.

Viene in giorno che abbiamo cercato di fermare. Il passaggio di consegne prima di andar via.
Il giorno in cui vai via dicendo “Ciao”.
Con bimbi e adulti, si crea uno strano legame con loro e ci si sente una responsabilità addosso. In questi giorni si è lavorato sulla figura del clown. È lui che deve esserci non calzino o cianciana o sbrizza o mentuccia, non mascalzone o caciotta. Non quel clown ma il clown.
E’ come se ci fosse continuità tra chi va via e chi arriva, come se l’uno si dissolvesse nell’altro. Era stata nostra attenzione fa capire ai bimbi e adulti, che veloci si erano affidati a noi, che il nostro andar via non doveva essere vissuto con tristezza perché avrebbero conosciuto altri clown più di quanto noi stessi avessimo mai fatto.

Ho vissuto intensamente questo momento quando al campo di Coppito basso di fronte ad una numerosa ciurma di folli colorati che scendeva dalla clownmobile si son trovati i bimbi del campo intenti nei loro giochi. Alla presentazione dei nuovi arrivati: Bianchetto, Petronilla, Baracca e Muesli è partito un primo “no! non li voglio vedere neanche” di Luca e Simone che si rifugiavano tirandoci a loro. Sapevo divertito che non sarebbe durato molto. Tanto il lavoro prezioso fatto da chi ci ha preceduto da far comprendere a tutti quanto da scoprire vi sia in ogni clown da non resistere a frenare la curiosità nell’andarlo a scovare. Ha così risposto l’equipes intera, con il moscerino di muesli, seguita da Petronilla. E Bianchetto e Baracca che calamitavano gli sguardi proprio di Luca e Simone.

Un attimo e Valentina mi ruba il cappello per farmi restare. Ma poi scambia il suo broncio con il fiore che era attaccato al mio baschetto e mi dona in cambio un sorriso.

Io e Mentuccia felici e divertiti, facciamo un passo indietro come coloro che si muovono verso le quinte per lasciare spazio ad un nuovo atto.
Sembra proprio scorrere una porta di vetro satinato che ti porta via. Ancora un attimo per venire accalappiato da una collanina fatta da Jenny “posso regalarti questa Calzino? L’ho fatta per te! – Davverooooo, per me? E’ bellissima grazie!...Questo è il mio primo naso rosso, tienilo tu. Grazie tesoro, davvero bellissima. Un bacio".
Quella porta adesso si richiude di nuovo ma sembra fatta di plasma...No...sono le mie lacrime...
Via...ehmm è...tardi.
In Macchina c’è una bella euforia per aver fatto breccia, io e Mentuccia viviamo in silenzio questo addio. Dietro un naso rosso c’è sempre l’uomo, che in questo momento non vorrebbe andar via e pianti e saluti sono difficili da mandar giù

Torniamo a casa ma il nostro pensiero si svolge come un’enorme gomitolo rosso il cui capo rimane impigliato al cancello del campo di Coppito.
Sul bus scorrono tutte le sequenze senza ordine di tempo fino arrivare a alle preoccupazioni di domani «ci voleva anche la pioggia ad accanirsi a giugno, prego che smetta».
Il silenzio ha accompagnato il nostro ritorno, adesso il surreale è fuori dalla terra abruzzese.
Ci si sente inadeguati, si sta male, si piange e ci si commuove. Vorresti essere lì. “Senti” il calore di quella luce che chiama. Da bravi clown riconosciamo le nostre emozioni, sbandiamo un po’, vogliamo starci per ritornare.
Ci si stringe, basta solo il silenzio per farsi coraggio. Momenti, ancora una volta, per ricordare.
Poi, dopo tutto questo, pian piano arriva finalmente il momento della chiarezza per il dono che portiamo dentro e la consapevolezza di voler tornare.

Oggi...dico grazie...perchè il desktop del mio computer non è più nero. Lo era da tempo, adesso splende di colori, di sorrisi, di gente, di una terra...che fa tremare dentro.

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Siamo in continua ricerca...

Il lavoro sul clown pone la persona davanti a se stessa e agli altri, porta a riflettere sul proprio modo di essere, sulle proprie potenzialità espressive stimolando a liberarsi dalle paure.
Essere clown è riscoprire spazi e tempi al di là di categorie razionali; è giocare con la realtà per reinventarla. La scoperta del clown non è nient'altro che la scoperta del gioco come espressione di noi stessi.
Il clown è un attore che è regista di se stesso. Che è talvolta anche drammaturgo. Un clown dunque non è mai nel punto dove si trova. Sta attorno a se stesso. Si dirige. Pensa come un ballerino. Danza. Si danza. Come a un attore che danza. Che pensa in forma di coreografia.
Qualche volta non pensa. Meglio: danza i suoi pensieri.
Al di là del naso rosso tradizionale si può cercare di intravedere il valore iniziatico che il clown incarna.
Il clown è venuto dal teatro al circo, dal circo al teatro, dal teatro all'ospedale...non esistono ricette per diventare clown, come in America, dove sono in commercio album con i costumi, le gag e il trucco e tu scegli dal catalogo il tuo clown.
Tu devi cercare in te il tuo clown, il tuo lato umoristico. E l'humor è come il tergicristallo della macchina. Non ferma la pioggia ma ci aiuta ad avanzare meglio. Il comico è un'energia misteriosa.
È della persona che si ride. I grandi clown da Toto' a Buster Keaton irradiavano la scena con una presenza in grado di fare ridere facendo "niente".
La grande Anna Magnani si lamentava che Toto' in palcoscenico con lei, le rubasse la "scena". Allora Toto' è stato fatto sedere da una parte e al buio e il pubblico ha riso ancora di più.
Fare ridere vuol dire avere un contatto. Noi ridiamo della tragedia dell'uomo. Si racconta, ma forse è leggenda, che il primo clown sia stato un ubriaco entrato per caso sulla pista del circo durante lo spettacolo e inciampando ha fatto ridere il pubblico. Da qui il naso rosso, che ci vuole ricordare i nasi degli ubriachi e i vestiti stracciati dei clochard. Un incidente, un'attitudine bizzarra, un abito inconsueto, una situazione anormale hanno fatto nascere l'Augusto. I clown nel circo facevano il loro pezzo tra un numero e un altro.
La prospettiva del numero del clown è il fallimento.
C'è l'idea che l'uomo non può sbagliare. Se sbaglia viene cacciato dal Paradiso Terrestre. Allora tutto deve essere perfetto. Tutto deve funzionare. Il pubblico si identifica nel fallimento e pensa: "a me questo non capiterà mai, guarda il clown quanto è stupido".
Il clown è lì e non per fare ridere, è lì seriamente. Perchè ha un estremo bisogno di lavorare e ha bisogno del pubblico.
Il clown ha dei dubbi. Lui non capisce ma vuole capire.
Non si può recitare il clown, si è. È un lavoro attoriale che cerca un sentimento profondo e indaga uno degli aspetti importanti della recitazione: essere veri. Quando noi piangiamo, non vorremmo piangere, il nostro volto resiste, ma accade, è vero. Le disgrazie al clown accadono davvero, e qui è la grande arte del clown e del teatro: una finzione che sembra vera, tanto vera è quella finzione.
La stupidità non si può recitare con intelligenza. Il clown non è un pagliaccio, ha una base tragica. La stupidità è il motore della invenzione. Il clown inventa perchè vuole risolvere la "catastrofe". E come nello "slow burn" (bruciare lentamente: tecnica di Stanlio e Ollio) attaccare un quadro alla parete si trasforma nella distruzione di un paese. A tutti noi sarà capitato un incidente, un'avventura inaspettata e improvvisa, una sorpresa, dove noi abbiamo reagito spontaneamente e in modo diretto, non psicologico, siamo rimasti "stupiti".
La tecnica della "candid camera" ci illustra facce vere, stupite, persone che vivono intensamente il sentimento dello stupore. Gli attori (loro malgrado) sono indifesi, increduli, immobili. Sono veri.
Lo stupore di fronte alla vita e alle cose è il sentimento principale del clown. Stupido deriva da stupito, sbalordito.
Il clown è stupefatto dalla vita, dalle cose e non capisce ma vuole capire.
Il motore del clown è la fame e la solitudine. Lui cerca contatti, inventa. Ogni giorno è nuovo. Ogni momento è nuovo. Lui non conosce i sentimenti. Sperimenta. Cerca. Vive la situazione in modo semplice, diretto, mai psicologico.
Il clown ha dei dubbi. Non è sicuro. Non è certo del presente. Quando parla è concreto, chiaro e semplice. Non fa filosofia, nè poesia. Non è però un gioco per bambini. Non è carnevale. È una tragedia. La tragedia della vita.
Il clown lotta per l'amore, per la pace, per l'amicizia. Il clown è un ponte, vorrebbe unire , vorrebbe che tutte le cose andassero bene e usa tutte le energie per capire. Non si può fare il clown a metà.
È questione di vita o di morte. Se non trova un contatto muore. E questo apre un altro aspetto importante della recitazione: essere al 100% nell'azione, crederci. Non si può nuotare a metà: Si affonda.
Il clown crede completamente in tutto quello che fa. I gesti sono chiari e semplici, perchè il clown ha "urgenza" di comunicare con il pubblico. Il suo essere in teatro è al 100%. Risolvere il fallimento e comprendere il funzionamento del mondo e delle cose porta il clown a sperimentare tante proposte, tante idee: questa è per l'attore la tecnica dell'improvvisazione diretta, mai psicologica, che risponde a delle regole tecniche precise (controtempo, doppia immagine ecc.), mentre per il clown è essere naif (nel senso di semplice e spontaneo).
Il clown è l'antieroe che ha accettato la sua debolezza, di non essere all'altezza della vita moderna. Questa sua debolezza gli dà una grande umanità e un grande spessore teatrale nel lavorare con temi semplici, addirittura quasi giocando. Questo è ciò che interessa l'attore e che investe l'arte della recitazione.
Non c'è mistero nella comicità. Si tratta di conoscere alcune verità semplici sul carattere dell'uomo, e servirsene nel proprio mestiere.
Ad esempio, nel mettere il pubblico di fronte a qualcuno che si trova in una situazione ridicola e imbarazzante. Quando un uomo passeggia nella via, non fa ridere. Messo in una situazione ridicola e imbarazzante, l'essere umano diviene un motivo di riso per i suoi simili. Ogni situazione comica è basata su questo.

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